Anni fa, in pieno deserto libico, fu casualmente rinvenuto il cadavere dell’armiere Gianni Romanini e, tre mesi dopo, a 90 km di distanza, l’aereo da cui proveniva: un aerosilurante Savoia Marchetti S 79 quasi intatto, che custodiva i resti degli altri cinque membri di equipaggio. Fu una delle tante tragedie che costellarono l’attività bellica nella seconda guerra mondiale, ma l’odissea di quel trimotore, oltre che profondamente toccante, è anche densa di interrogativi perché il velivolo fu scoperto a oltre 400 km nell’interno, fuori dal raggio dal raggio della propria autonomia, considerato che seguì normalmente la sua ultima missione contro un convoglio inglese che navigava a sud-ovest di Creta. Del relitto, tuttora giacente nello stesso luogo dove atterrò in emergenza oltre cinquant’anni fa e mai rimosso, è rimasto oggi ben poco essendo stato oggetto negli anni di spoliazioni da parte dei predoni del deserto. Tuttavia ci sembra interessante ricostruirne la storia tentando di dare una risposta ai numerosi e scottanti interrogativi custoditi gelosamente dalle dune per tanti anni. Achille Vigna Storia Militare, n.10, luglio 1994

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